Come Scrivere In Verticale Su Openoffice

Come Scrivere In Verticale Su OpenOffice: Guida Semplice (e Un Po’ Spontanea) Per Non Impazzire

Lo ammetto: anche a me è capitato di fissare lo schermo di OpenOffice e pensare “Ma come cavolo si scrive in verticale qui?” Se ti sei sentito perso davanti a un documento che pretendeva titoli verticali o scritte che, come gira la pagina, girano pure loro… beh, questo articolo è proprio per te. E non preoccuparti, non ti sommergerò di tecnicismi inutili — ti accompagnerò passo per passo, con qualche digressione qua e là, come se ti stessi spiegando tutto davanti a una tazza di caffè.

Prima di Tutto: Perché Scrivere In Verticale?

Magari ti stai chiedendo se vale davvero la pena imparare questa funzione. La risposta breve? Sì. Pensa a quei documenti un po’ più curati — un biglietto d’auguri, un volantino, una tabella con intestazioni che non entrano orizzontalmente neanche a pagarle oro. Oppure, diciamocelo, c’è il gusto di vedere qualcosa fuori dal solito schema. Sai, come quando giri le patatine nel sacchetto per vedere se ne trovi una gigante. Scrivere in verticale dà un tocco in più, trasmette attenzione e, a volte, è proprio necessario.

Un Piccolo Spoiler: OpenOffice Non È Word, Ma…

Ecco, parliamoci chiaro: OpenOffice non è Word. E sì, certe cose sono più nascoste o, diciamo, “creative” da scovare. Ma proprio per questo dà soddisfazione. Come quando trovi la scorciatoia che nessuno conosce. In ogni caso, non disperare: se pensavi che servisse un plugin miracoloso o chissà quale stregoneria, la verità è che bastano pochi clic — solo che bisogna sapere dove andare a cercare.

La Soluzione Più Rapida: Le Tabelle e le Celle

Fammi spiegare meglio. Spesso, il modo più semplice per “costringere” OpenOffice a scrivere in verticale è usare le tabelle. Hai presente quando devi inserire una colonna di testo in verticale, tipo nelle intestazioni di una tabella fitta fitta? Bene, selezioni la cella, poi vai su “Formato”, scegli “Cella” e— magia —trovi l’opzione “Orientamento testo”. Da qui puoi impostare l’angolo che vuoi, anche 90 gradi, e il testo gira come per incanto.

Una cosa buffa? Se provi a scrivere direttamente in verticale senza passare per una cella, OpenOffice fa orecchie da mercante. Ci ho provato, tante volte. È un po’ come parlare al muro. Ma con la tabella, ogni cella diventa il tuo piccolo laboratorio creativo.

Testo Verticale Fuori dalle Tabelle: La Magia delle Caselle di Testo

Ora, qualcuno dirà: “Ma io voglio scrivere in verticale anche nelle copertine o nei volantini, mica solo nelle tabelle!” Giusto. Qui entra in campo la casella di testo. Apri il documento, scegli “Inserisci”, poi “Cornice” o “Casella di testo”. Appena la posizioni, clic destro e vai su “Posizione e dimensione” o “Proprietà”. C’è un’opzione per ruotare la casella — puoi digitare 90 o 270 gradi, a seconda della direzione che vuoi.

Ecco, la casella segue le tue regole. Scrivi, ruoti, piazzi dove vuoi. Onestamente, è un po’ come giocare con i Lego: se non ti piace, smonti e rimetti a posto. Ah, ricordati che anche il font e la dimensione spesso vanno riadattati — il testo verticale sembra sempre un po’ più “ingombrante”, come se occupasse più spazio. Non è un difetto, è solo la prospettiva che cambia.

Un Trucchetto da Non Sottovalutare: Il Testo Artistico (Fontwork)

Sai quel tool che di solito usi solo per fare titoli da sagra di paese? Ecco, Fontwork. In OpenOffice, Fontwork ti permette di scrivere testi con effetti speciali, anche in verticale o con forme strane. Lo trovi sotto “Inserisci” e poi “Oggetto” e “Fontwork”. Una volta scelto lo stile, puoi modificare l’orientamento ruotando la forma. Non è il metodo più “professionale” per un report aziendale, ma per un invito o una locandina dà un tocco vivace e spensierato.

Chi Ha Paura dei Limiti? Qualche Considerazione Sincera

Certo, OpenOffice non è perfetto. A volte sembra che si diverta a farti sudare sette camicie solo per una scritta storta. Le limitazioni ci sono: ad esempio, non puoi formattare direttamente una singola parola in verticale dentro un paragrafo (come invece fa Word con la funzione “Testo verticale” nei testi asiatici). Ma, con un po’ di ingegno — e qualche testata al muro, ammettiamolo — il risultato arriva.

Hai presente quei vecchi giochi da bar dove per vincere devi trovare la combinazione giusta? Ecco, lavorare con il testo verticale in OpenOffice è un po’ così. Ma quando ci riesci… vuoi mettere la soddisfazione?

Quando Usare (e Quando NON Usare) il Testo Verticale

Permettimi una piccola digressione. Scrivere in verticale, se usato bene, è come il sale nella pasta: basta poco e trasforma tutto. Ma se esageri, rischi di disorientare chi legge. I volantini pieni di scritte verticali, onestamente, fanno venire il mal di testa. Quindi, scegli con cura: titoli, intestazioni, magari una colonna della tabella. Ma per il resto, meglio la cara, vecchia orizzontalità.

Un consiglio da amico: quando stampi, fai sempre una prova. A volte il testo verticale sembra perfetto sullo schermo ma, una volta su carta, tutto cambia. La qualità del carattere, la spaziatura… dettagli che fanno la differenza. E non ti dico quante volte ho buttato pagine solo perché la stampa virava tutto di lato!

Un’Occhiata ai Possibili Problemi (e Come Rimediare)

Non tutto fila sempre liscio. A volte il testo si taglia, oppure la rotazione non è precisa. Succede soprattutto se usi versioni diverse di OpenOffice, o se apri il documento su LibreOffice (che, tra noi, gestisce la cosa in modo simile ma non identico). Il mio suggerimento? Salva sempre una copia di backup e, se il file è importante, esporta anche in PDF. Così sei sicuro che nessuna rotazione si perda per strada.

E se proprio non ti torna qualcosa, la community OpenOffice è piena di forum e discussioni. A volte, una risposta arriva proprio da un utente dall’altra parte d’Italia che ha avuto il tuo stesso grattacapo.

Un Piccolo Zoom Sulle Alternative Moderne

Nel frattempo, non è un segreto che molti utenti si siano spostati su LibreOffice, che eredita e amplia le funzioni di OpenOffice. Anche Google Docs, se hai bisogno solo di una soluzione al volo, permette di ruotare le caselle di testo (ma meno intuitivamente). Però, per chi vuole la libertà del software libero e la compatibilità con documenti .odt, OpenOffice rimane un baluardo. Soprattutto nelle scuole, negli uffici pubblici, o tra chi ama un po’ di sana nostalgia informatica.

Qualche Aneddoto Personale (Perché No?)

Raccontarti solo le istruzioni sarebbe un po’ noioso, no? Una volta mi è capitato di dover preparare i cartellini dei tavoli per una festa di paese. Tutti volevano il nome in verticale per “fare più scena”. Ci ho perso un pomeriggio intero a trovare il metodo giusto, ma alla fine, con le tabelle e un po’ di caselle di testo, sono riuscito a far sembrare tutto professionale. E sai qual è la lezione? A volte, la soluzione arriva quando meno te l’aspetti — magari dopo una pausa caffè, o dopo aver chiesto consiglio a qualcuno più esperto.

Ricapitolando, Senza Troppi Giri di Parole

Scrivere in verticale su OpenOffice non è immediato, ma nemmeno impossibile. Tabelle, caselle di testo e Fontwork sono i tuoi alleati. Un po’ di pazienza, qualche test, e il risultato arriva. Non c’è bisogno di plugin strani o di cambiare programma ogni volta. E, lo sai, a volte il fascino di OpenOffice sta proprio in queste piccole sfide.

Ti Lascio con un Pensiero: Sii Creativo, Ma Sii Anche Pratico

Usa il testo verticale quando serve davvero. Sperimenta, gioca con le impostazioni, ma pensa sempre a chi dovrà leggere quel documento. E se hai dubbi, chiedi: una ricerca online, un post su un forum, o anche un messaggio a quell’amico “smanettone” che tutti abbiamo.

La prossima volta che ti chiedono di scrivere qualcosa in verticale, non andare nel panico. Respira, apri OpenOffice, e affronta la sfida con il sorriso. Perché, onestamente, a volte basta solo sapere dove mettere le mani — e, con questa guida, spero di averti dato una piccola marcia in più.

Buona scrittura (anche se un po’… storta)!

Come Installare Due Sistemi Operativi Su Due Hard Disk

Come Installare Due Sistemi Operativi Su Due Hard Disk: La Guida Che Avresti Voluto Trovare Prima

Hai mai pensato che sarebbe comodo, anzi comodissimo, poter lavorare su due sistemi operativi diversi, ciascuno con il proprio spazio, senza troppi grattacapi? Forse ti sei trovato in quella situazione dove Windows ti serve per la grafica, mentre Linux è il tuo porto sicuro quando programmi o semplicemente vuoi sentirti “libero”. E magari ti sei chiesto: “Ma non sarebbe più semplice tenere tutto separato, pure a livello fisico?” La risposta breve? Sì, è più semplice, e ti spiego volentieri come fare.

Prima di Tutto: Perché Scegliere Due Hard Disk? E Perché No?

Prima di entrare nel vivo, lasciami fare una piccola digressione. Alcuni amano la sfida del dual boot nello stesso disco—quella danza delicata tra partizioni, bootloader e, diciamolo, qualche rischio di far saltare tutto. Però, c’è un modo più “tranquillo”: due hard disk separati. Ogni sistema operativo fa la sua vita, senza interferenze, senza doversi preoccupare che un aggiornamento di Windows decida di far sparire la partizione di Linux (sì, succede ancora, incredibile vero?).

E poi, diciamoci la verità, a livello di performance e stabilità, avere due dischi è come avere due cucine: puoi cucinare una carbonara da una parte e una paella dall’altra senza mischiare sapori. Insomma, ti togli un sacco di pensieri.

Il Prerequisito Che Spesso Si Dimentica

Ora, qui arriva un punto che in tanti sottovalutano. Devi controllare, prima di tutto, che il tuo computer abbia almeno due porte SATA (o NVMe, se ami la velocità) e che l’alimentatore regga il carico. Può sembrare banale, ma non sarebbe la prima volta che qualcuno resta lì, hard disk in mano, guardando la scheda madre con lo sguardo perso di chi ha dimenticato qualcosa di fondamentale.

Piccolo consiglio da chi ci è passato: tieni a portata di mano anche le viti e i cavi dati. E dai un’occhiata al BIOS/UEFI—alcuni BIOS più vecchi fanno i capricci quando vedono due dischi bootabili. Meglio prevenire!

Installare il Primo Sistema: Scegli il Tuo “Campo Base”

Ecco cosa c’è da sapere: è meglio installare il sistema operativo principale per primo—quello che userai di più. Mettiamo caso sia Windows, perché la maggior parte delle persone parte da lì. Spegni il computer, collega solo il disco su cui vuoi Windows (scollega l’altro, così vai sul sicuro). Parti con l’installazione normalmente, scegliendo il disco giusto (occhio, davvero: sbagliare qui significa perdere dati).

Quando hai finito, spegni tutto, ricollega il secondo disco. Adesso hai Windows “segregato” sul suo hard disk. E la cosa bella? Se togli quel disco, Windows non si accorge nemmeno che c’è altro in giro. Nessun bootloader condiviso, zero rogne.

Ed Ecco il Secondo Sistema: Spazio Alla Diversità

Ora arriva la parte divertente (sì, perché vedere due sistemi che convivono senza litigare è quasi commovente, se sei un po’ nerd). Con entrambi i dischi collegati, avvia il computer e inserisci il supporto di installazione del secondo sistema operativo—magari una bella distro Linux, tipo Ubuntu, Fedora o la tua preferita.

Durante l’installazione, scegli con attenzione il secondo disco. Di solito, i tool di installazione di Linux sono abbastanza intuitivi, ma non fidarti mai ciecamente: controlla che il disco selezionato sia davvero quello giusto. E se ti chiede dove installare il bootloader (GRUB, per esempio), qui c’è un piccolo trucco: puoi installarlo sul disco di Linux stesso, così rimane tutto separato. Se vuoi essere ancora più “paranoico” (e a volte conviene), scollega il disco di Windows durante questa fase. Così non rischi che qualcosa venga scritto dove non dovrebbe.

Il Momento Della Verità: Scegliere Da Quale Disco Avviare

Hai installato tutto? Ottimo! Ma come si fa a scegliere quale sistema avviare? Qui la risposta si trova nel BIOS/UEFI. Al riavvio, premi il tasto magico—di solito F12, F11, ESC o DEL, dipende dal produttore—e scegli manualmente il disco di avvio. È una soluzione semplice, alla vecchia maniera, ma incredibilmente efficace. Puoi impostare una priorità fissa, oppure cambiare ogni volta. È come avere due telecomandi: uno per la TV e uno per la radio. Non si disturbano a vicenda.

Certo, ci sono soluzioni più raffinate, come configurare un bootloader che gestisce tutto in automatico, ma onestamente, la semplicità di questa soluzione è difficile da battere. E poi, se un disco si rompe o vuoi toglierlo per sicurezza, l’altro funziona senza problemi.

Un Piccolo Appunto Sulla Sicurezza: Non Sottovalutare Mai

Lo sai, spesso la sicurezza viene vista come un optional, finché non succede qualche guaio. Avere due sistemi separati riduce di molto i rischi di “contaminazione” tra un sistema e l’altro, ma non fa miracoli. Un backup regolare è ancora la miglior polizza assicurativa che puoi avere. E, se usi dati sensibili, considera la cifratura del disco—almeno per quello che usi per lavoro o per archiviare informazioni importanti.

Ah, e se usi Linux, puoi anche cifrare solo la home, così il sistema si avvia veloce ma i tuoi dati rimangono al sicuro. Windows offre BitLocker, che fa la stessa cosa, più o meno. Sembra una perdita di tempo all’inizio, ma il giorno che ti rubano il portatile, ti ricorderai di questo consiglio.

Ma Funziona Anche Con Mac? Il Caso Particolare

Ora, una domanda che arriva spesso è: “Posso fare questa cosa anche su un Mac?” La risposta breve è: sì, ma è più complicato. Apple ha il suo modo di fare le cose, e non sempre gradisce sistemi non suoi sui suoi hard disk. Però, se hai un Mac con porta Thunderbolt o USB-C, puoi installare un secondo sistema operativo su un disco esterno e scegliere da quale avviare tenendo premuto Option all’avvio.

Non è proprio la stessa cosa, e qualche volta serve smanettare un po’ con i driver, ma la filosofia rimane. Insomma, anche il Mac, con qualche acrobazia, può giocare a questo gioco.

E Se Qualcosa Va Storto? Piccoli Consigli Per Non Impazzire

A volte, nonostante tutte le precauzioni, qualcosa va storto. Magari il sistema non si avvia, o vedi solo uno dei due hard disk. Non perdere la calma! Spesso è solo una questione di priorità di avvio nel BIOS, oppure una partizione che non è stata resa “attiva”. In quei casi, una chiavetta di ripristino (sia di Windows che di Linux) può salvarti la giornata.

Se proprio non riesci a venirne a capo, ci sono forum come Tom’s Hardware, Reddit (r/italytech) o anche i vecchi ma sempre utili gruppi Facebook di appassionati dove qualcuno con più esperienza ha già vissuto la stessa odissea.

Un Tocco Di Personalizzazione: Lavora Senza Compromessi

Un vantaggio che spesso si sottovaluta del doppio disco è la possibilità di personalizzare ogni sistema senza paura di rompere qualcosa. Puoi sperimentare, aggiornare, installare programmi “strani” su uno, mentre sull’altro mantieni tutto stabile e pulito. È come avere due armadi: in uno ci metti i vestiti della domenica, nell’altro quelli da lavoro.

Se poi hai una famiglia, puoi dedicare un disco a te e uno a chi usa il computer solo per navigare o giocare. Così non rischi che, mentre aggiorni il kernel di Linux, qualcuno ti chiuda tutto perché “volevo solo vedere Netflix”.

Un’Occhiata Alla Manutenzione: Non Dimenticare I Dettagli

Tenere due sistemi separati semplifica la manutenzione, ma non la elimina. Ogni tanto, una bella pulizia—sia hardware che software—fa bene: aggiorna i driver, controlla la salute dei dischi con strumenti come CrystalDiskInfo su Windows o Gnome Disks su Linux, e perché no, svuota la polvere dal case (hai presente quel rumore strano che fa il PC quando non lo pulisci da mesi?).

E se ti piace l’idea di avere tutto sotto controllo, puoi anche installare tool di monitoraggio come HWMonitor o i sensori di Linux per tenere d’occhio temperature e prestazioni. Non è paranoia, è solo prevenzione.

Conclusione: È Più Facile Di Quanto Sembri (Con Un Po’ Di Pazienza)

Arrivati fin qui, forse ti sembra una procedura lunga, ma onestamente, è più la paura che altro. Con un po’ di attenzione e qualche ora libera, puoi regalarti la flessibilità di due mondi diversi, ognuno nel suo regno. E sai cosa? La sensazione di accendere il PC e scegliere chi vuoi essere oggi—smanettone o lavoratore modello—non ha prezzo.

Ricorda sempre: preparazione, pazienza e backup sono i tuoi migliori amici. E se sbagli qualcosa, non sei solo—la community è piena di storie e soluzioni. In fondo, ogni errore è solo un’occasione per imparare qualcosa di nuovo.

Quindi, prendi coraggio, rimboccati le maniche e… che il doppio boot sia con te!

Come Sapere Se Un Sms È Stato Letto

Come Sapere Se Un SMS È Stato Letto? La Guida Che Nessuno Ti Ha Mai Raccontato Davvero

Ti sei mai trovato a fissare lo schermo dello smartphone, con la sensazione in bilico tra la speranza e il dubbio, chiedendoti: “Avrà letto il mio messaggio oppure sono rimasto nel vuoto digitale?” Tranquillo, non sei il solo. Sapere se un SMS è stato letto non è solo una curiosità: a volte, diciamolo, può diventare un cruccio. Che si tratti di lavoro—magari stai aspettando conferma per una riunione—o di una questione di cuore, il mistero resta. Ma la risposta, come spesso accade nella tecnologia, non è sempre scontata. Pronto a scoprire tutta la verità, senza filtri né tecnicismi inutili? Ecco cosa c’è davvero da sapere.

Tra illusione e realtà: cosa succede quando invii un SMS

Mettiamola così: inviare un SMS, oggi, può sembrare quasi un gesto d’altri tempi. Tra WhatsApp, Telegram, Messenger e mille altre app, la vecchia cara messaggistica sembra roba del passato. Eppure, c’è ancora chi la usa, vuoi per motivi professionali (molti servizi bancari e istituzionali comunicano ancora così), vuoi per scelta personale, vuoi perché la rete dati non prende. Ma qui arriva il primo nodo: l’SMS, quello classico, non prevede nativamente la funzione di “conferma di lettura”. Sì, hai capito bene: puoi sapere se è stato consegnato (a volte), ma non se è stato letto. È un po’ come lasciare una lettera nella buca delle lettere di qualcuno senza sapere se l’ha mai aperta.

Ricevute di consegna: una mezza risposta che può trarre in inganno

“Hai presente quelle doppie spunte blu di WhatsApp? Dimenticale.” Con gli SMS, la questione è molto meno trasparente. Alcuni operatori ti danno la possibilità di ricevere una notifica quando il messaggio è stato consegnato al telefono del destinatario. Attenzione: consegnato, non letto. La differenza è tutta qui. Il messaggio può essere arrivato, ma magari il telefono è spento, abbandonato in una borsa, o semplicemente ignorato. Insomma, è come sapere che il postino ha lasciato la tua lettera a casa del destinatario, ma non avere idea se sia stata aperta o meno.

C’è anche un piccolo dettaglio tecnico: la ricevuta di consegna va attivata, spesso, nelle impostazioni dell’app messaggi del tuo telefono. Sui dispositivi Android, per esempio, basta andare su Impostazioni > Messaggi > Ricevute di consegna. Su iPhone? La funzione non è prevista per gli SMS tradizionali, e già qui potresti storcere il naso.

MMS, RCS e altri acronimi che promettono magia (ma non sempre la mantengono)

Da qualche anno, si sente parlare di RCS, che sarebbe una sorta di evoluzione degli SMS. Funziona solo tra telefoni compatibili e operatori che lo supportano (e qui, lo ammetto, il discorso si fa un po’ tecnico). Con l’RCS, puoi vedere se il messaggio è stato letto—un po’ come su WhatsApp—ma solo se anche il destinatario ha attivato il servizio e usa un’app che lo supporta (tipo Google Messaggi). Insomma, non proprio una certezza matematica.

E gli MMS? Qui la questione si complica: anche se alcuni servizi di messaggistica multimediale offrono ricevute di lettura, sono poco affidabili e spesso ignorate dagli utenti. E poi, chi usa ancora davvero gli MMS? Onestamente, salvo casi rari, meglio lasciar perdere.

WhatsApp, Telegram & Co: perché sono diversi (e cosa possono insegnare agli SMS)

Diciamoci la verità: la maggior parte di noi, ormai, comunica più tramite app che con gli SMS. Queste applicazioni hanno rivoluzionato il modo in cui ci relazioniamo, portando nel nostro quotidiano le famigerate spunte di conferma. Una, due, blu, grigia… ormai sappiamo “leggere” il linguaggio segreto delle notifiche. E qui viene spontaneo chiedersi: perché gli SMS sono rimasti così indietro?

La risposta affonda le radici nella tecnologia e nella privacy. Gli SMS sono standard vecchi, pensati quando l’idea di sapere se qualcuno avesse letto un messaggio era quasi fantascienza. Le app moderne, invece, sfruttano internet e server centralizzati, rendendo tutto più tracciabile—nel bene e nel male. Ma attenzione: anche qui si può barare! Hai presente quando qualcuno legge il messaggio dalla tendina delle notifiche su WhatsApp e il messaggio resta “non letto”? Ecco, il confine tra letto e semplicemente “visto” è sempre un po’ sfocato.

Dubbi e domande frequenti: ecco cosa si chiede davvero la gente

A volte, parlando con amici e colleghi, mi rendo conto che su questo tema c’è una marea di leggende urbane. Tipo: “Se il messaggio arriva subito, allora l’ha letto”, oppure “Se non risponde vuol dire che mi sta ignorando”. In realtà, ci sono mille motivi per cui una persona può non risponderti: batteria scarica, telefono dimenticato, giornata storta… oppure, semplicemente, non ha voglia. E va bene così.

Qualcuno pensa che esistano applicazioni magiche per scoprire se un SMS è stato letto. Spoiler: non funzionano. Al massimo, rischi di incappare in truffe o app che chiedono permessi assurdi. Fidati, meglio lasciar perdere e tenersi il dubbio. Anche perché, lo sai, a volte la suspense fa bene al cuore.

Quando la tecnologia ti aiuta (ma solo se giochi secondo le sue regole)

Certo, se lavori in un’azienda che usa sistemi di messaggistica professionale (ci sono piattaforme come Slack, Microsoft Teams o perfino alcuni servizi bancari che inviano SMS particolari), puoi ricevere delle conferme più dettagliate. Ma qui parliamo di un altro livello: non più l’SMS tra amici, ma comunicazioni strutturate e tracciate, dove la privacy è regolamentata e ogni azione viene registrata. Non è la stessa cosa che scrivere “Ci vediamo alle otto?” a qualcuno, insomma.

Un piccolo trucco da “boomer”: la chiamata dopo l’SMS

Hai mai provato a mandare un SMS e, se la risposta non arriva, fare una telefonata? Sembra banale, ma funziona ancora. Spesso, l’ansia di non sapere se un messaggio è stato letto si risolve con un semplice “Ciao, hai visto il messaggio?”. Non è tecnologico, forse, ma è incredibilmente efficace. E poi, ammettiamolo, a volte basta sentire la voce di qualcuno per rassicurarsi.

Il futuro degli SMS: nostalgia o rinascita?

Nonostante tutto, gli SMS resistono. C’è chi dice che siano destinati a sparire, ma c’è anche chi, per nostalgia o per praticità, continua a usarli. Magari perché funzionano anche senza internet, magari perché sono più “istituzionali”, magari perché… beh, semplicemente perché ci si sente più sicuri. E chissà, con l’RCS e le nuove tecnologie, forse un giorno anche gli SMS avranno le loro spunte blu. Ma per ora, la domanda resta: “Avrà letto il mio messaggio?” E, onestamente, a volte è bello che resti un mistero.

In conclusione: tra tecnologia e umanità, scegli sempre la chiarezza

In fin dei conti, sapere se un SMS è stato letto può sembrare una questione tecnica, ma sotto sotto parla di noi, dei nostri rapporti e delle nostre insicurezze. La tecnologia può aiutarci, sì, ma non può (e forse non deve) darci tutte le risposte. Se hai qualcosa di importante da dire, magari, scrivilo—ma non aver paura di chiedere direttamente. E se la risposta non arriva, forse è solo questione di tempo… o di trovare il coraggio di fare quella telefonata che rimandi da troppo.

Lo sai, a volte la vera conferma non arriva da una notifica, ma dal tono di una voce. E questa, per ora, nessuna app potrà mai replicarla.

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